domenica 30 novembre 2008

TESTIMONIANZA: SCUOLA E BULLISMO

Età 18 La colpa dei fenomeni di bullismo è degli adulti, non del bullo o della vittima. Gli adulti etichettano la vittima come asociale, timida, con un carattere difficile, distratta e demotivata a scuola, mentre di solito il bullo si dimostra brillante, scherzoso, altruista. Ma la vittima sembra asociale e timida perchè l'isolamento e la derisione a cui è esposta la fanno chiudere in se stessa, e lo stress a cui è sottoposta la rendono irascibile e scontrosa, oltre che mediocre a scuola, mentre il bullo non è affatto altruista, usa la tattica dell'altruismo per circondarsi di "idioti sgherri"ed utilizzarli. A scuola, strano ma vero, anche gli insegnanti spesso sono incantati dal bullo, e non riconoscono le azioni del bullo che fa di tutto per danneggiare la psiche della vittima. Potrei scrivere pagine intere a questo proposito.Per fortuna ho avuto finora un rendimento scolastico eccellente ed una famiglia che mi ha sorretto, ma questo purtroppo ha solo limitato i danni dovuti alle sofferenze subite, anche per colpa dei docenti che non sono assolutamente all'altezza del compito di educatori e si schierano quasi sempre dalla parte del prepotente. Le ferite prodotte dalla mia "compagna carnefice" non guariranno mai!

SCUOLA SUPERIORE: ATTENTI A NON SBAGLIARE

(estratto dell'articolo omonimo, redatto con la consulenza della dott. Rosalia Cipollina, pubblicato sul n.28/2008 della rivista "Viversani & Belli")
Scuola superiore: come fare la scelta giusta
E' tempo di iscrizioni alla scuola superiore o di confermare la prescrizione già effettuata ma, prima di fare la scelta definitiva, è importante riflettere un'ultima volta su quali siano le proprie aspirazioni, sul programma che ci si troverà ad affrontare e sui reali sbocchi consentiti dal corso di studi prescelto. Questo perché, stando alle statistiche, i ragazzi italiani abbandonano molto presto la scuola e molti lo fanno prima di aver conseguito un titolo di studio superiore, così quasi la metà degli italiani ha solo la licenza media ed un'obiettiva difficoltà a trovare lavoro. Le cause dell'abbandono possono essere molteplici, ma, sopratutto una scelta degli studi superiori poco oculata favorisce il verificarsi di tale fenomeno.
Sceglier bene per evitare l'abbandono.
Il quadro dell'istruzione fotografato dall'Istat per «100 statistiche per il Paese - Indicatori per conoscere e valutare» è davvero preoccupante e secondo la ricerca, la fuga dai banchi interessa soprattutto il meridione. In Sicilia e Campania rispettivamente 15 e 14 studenti su cento non completano nemmeno il percorso dell'obbligo, mentre l'anno scorso poco più del 75% dei giovani tra i 20 e i 24 anni ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore . Sono, infatti, i primi ingressi nel sistema scolastico e gli anni di passaggio da un ordine all'altro che costituiscono una soglia critica nel percorso scolastico.
Gli esiti di una scelta sbagliata. In primo luogo, l'interruzione degli studi può essere il risultato dell'impossibilità di proseguire, a causa dei ripetuti fallimenti sul piano del rendimento, di un rifiuto nei confronti di una realtà frustrante (come avere brutti voti all'interno di una classe modello) o di una situazione di disagio psicologico maturato nel contesto scolastico (come il bullismo). In altre situazioni, invece, l'abbandono è il triste epilogo di una scelta scolastica fatta dalla famiglia e non condivisa dal ragazzo. Di solito, in questo caso, lo scarso interesse dello studente è evidente dal suo atteggiamento: lamenta un senso di noia, di scontentezza, a volte circoscritto alla scuola, ma più spesso generalizzato e al quale l'adolescente non sa dare un significato. In questi casi non si verifica immediatamente un vero e proprio abbandono della scuola, ma un abbassamento del rendimento accompagnato da scarsa fiducia nelle proprie capacità.
Fare la scelta giusta
A questo punto dell'anno molti ragazzi hanno già fatto la loro scelta, oppure sono in procinto id confermare la presceiscrizione, ma non è troppo tardi per capire se questa è stata fatta con oculatezza. Ecco cosa valutare per impedire che un indirizzo di studi sbagliato convoli nell'abbandono.
Una scelta personale. In generale, è normale che la famiglia, come pure gli insegnanti della scuola media, consiglino il ragazzo su quale possa essere il percorso più affine alle sue aspirazioni, ma è importante che la scelta definitiva sia stata fatta dal giovane stesso e non da altri al suo posto.
Ma non è facile per un ragazzo di 14 anni operare a tale età una scelta che impatterà sul suo futuro professionale, oltre a non sapere ancora bene che cosa si desidera veramente per sé stessi.. Di fronte a tale difficoltà di scegliere molti finiscono col chiedere consiglio ai genitori. Ed in seguito a questa richiesta di consiglio si nasconde una delega alla scelta in cui l'indicazione fornita dal genitore viene fatta propria, pur non desiderandola del tutto o in parte. Gli stessi genitori nel fornire un consiglio potrebbero essere influenzati, inconsapevolmente, dalle proprie aspettative mancate o da desideri, più o meno consci, sul futuro dei propri figli. Ad esempio un genitore che avrebbe voluto fare gli studi classici al posto di quelli tecnici o scientifici, potrebbe “riscattare” la scelta mancata attribuendola come scelta al proprio figlio. O il genitore che da grande avrebbe voluto fare tutt'altro come professione , il medico al posto dell'avvocato ad esempio, potrebbe strutturare per il proprio figlio un percorso di studi finalizzato a realizzare la professione mancata.
In questi casi serve la maturità dei genitori che non devono lasciarsi nè influenzare dalle proprie aspettative mancate, né tentare di sostituirsi al ragazzo. L'ideale sarebbe aiutarlo a capire le sue inclinazioni e i suoi interessi. Inoltre i genitori nel consigliare si trovano di fronte ad un bivio: ‘scuola utile' per il futuro lavorativo o ‘scuola interessante'per il ragazzo ?. Nello scegliere bisogna tener conto che il mercato del lavoro cambia velocemente, ciò che è utile oggi potrebbe non esserlo domani, ma se il ragazzo studia senza interesse potrebbe interrompere precocemente gli studi e non sarebbe felice. E' bene dunque che la famiglia ragioni tenendo sempre come punto di riferimento la personalità del ragazzo, le sue attitudini ed i suoi interessi. Riassumendo: Scelta o consiglio come processo e non come contenuto
Allo stesso modo, bisogna scoraggiare l'adolescente che scelga la scuola da frequentare basandosi unicamente su quello che hanno fatto i suoi amici o ex-compagni di classe. Di solito, questo accade ai giovani più insicuri ed in questo caso, è necessario infondere maggiore fiducia al ragazzo, aiutandolo a focalizzare i suoi punti di forza ed i talenti che lo distinguono e che possono essere valorizzati solo scegliendo un iter scolastico mirato.
Le prime responsabilità. Perché il ragazzo si assuma pienamente la responsabilità del percorso che sta per intraprendere, è fondamentale coinvolgerlo anche nella parte preliminare (dall'iscrizione al corso di studi, fino all'acquisto dei primi libri). In genere, un adolescente alle prese con un'avventura piacevole e motivato verso la propria scelta, è entusiasta di occuparsi personalmente di queste formalità.
Un colloquio preliminare. Anche dopo aver fatto la pre-iscrizione è importante che il giovane faccia un sopralluogo della scuola che ha scelto, fissi un incontro con il preside o con una persona che sia preposta all'accoglienza e si faccia spiegare esattamente quali discipline saranno affrontate non solo al primo anno, ma nell'arco di tutto l'iter che porta al diploma. Spesso, infatti, gli adolescenti si fanno un'idea molto generica dei vari indirizzi di studio, viziata dalle esperienze di fratelli maggiori o di amici o, addirittura, facendo riferimento alla tipologia. Così credono che fare lo scientifico significhi essere molto bravi in matematica, mentre scelgono gli istituti artistici solo se amano la pittura. Trovarsi di fronte a discipline sconosciute o prese alla leggera è uno dei fattori che porta a “lasciare” nell'arco del tempo.
C'è tempo per cambiare. Anche se l'anno scolastico è iniziato ed i libri sono stati acquistati, non bisogna escludere l'opportunità di cambiare scuola. Se fin dai primi giorni, il ragazzo manifesta insoddisfazione verso il nuovo corso di studi, è importante chiedergli di valutare questa ipotesi anche se un leggero smarrimento o una forte tensione possono essere considerate normali per un adolescente alle prese con una nuova esperienza.

POCHI PSICOLOGI A SCUOLA

Roma, 16 set. (Apcom) - L'Ordine nazionale degli psicologi non ha dubbi: sul fronte della psicologia scolastica l'Italia è in ritardo, è rimasta il solo Paese europeo a non avere veri e propri psicologi tra i banchi di scuola.
Secondo i dati della ricerca svolta sul territorio nazionale dal Consiglio nazionale dell'Ordine degli Psicologi (Cnop) in collaborazione con gli Istituti regionali per la Ricerca Educativa (Irre), infatti, risulta che negli ultimi tre anni solo due scuole su tre hanno ospitato l'intervento di uno psicologo; che il tempo dedicato alle pratiche psicologiche è inferiore a tre mesi; inoltre manca una legge sull'inserimento della professione negli istituti scolastici.
Riuniti a Roma per fare il punto sullo stato della psicologia nelle scuole, gli esperti, hanno sottolineato che la presenza di uno psicologo nelle scuole potrebbe essere la strada principale per la prevenzione e la comprensione del disagio giovanile, delle problematiche e delle patologie, oltre che degli stili di vita. Se ne parla da anni, ma ancora i risultati mancano e l'Italia è rimasta il solo paese europeo a non avere veri e propri psicologi tra i banchi di scuola.
Eppure secondo i dati raccolti dal Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi a scuola i problemi ci sono: e riguardano principalmente lo scarso impegno nello studio e la mancanza di attenzione durante le lezioni, la difficoltà di relazione che spesso si riscontra tra il corpo docente, gli alunni con necessità didattiche particolari, le difficoltà di tipo organizzativo provocate dalle continue innovazioni e riforme, infine i comportamenti aggressivi e violenti degli alunni.
L'indagine del Cnop è stata condotta complessivamente su 1.511 psicologi (di cui il 71% donne) e 1.921 scuoledistribuite su tutto il territorio italiano.
Dai risultati è emerso che nella scuola l'attenzione è orientata prevalentemente sugli alunni, seguono gli interventi rivolti ai genitori e alla scuola nella sua dimensione organizzativa. In particolare, il 37% sono attività di diagnosi legate a delle patologie, il 35% riguarda invece l'osservazione.
È la scuola media ad avere il maggior numero di tempo (60,2%) dedicato alle pratiche psicologiche, segue la scuola secondaria (58,8%), la scuola elementare (56,7%), l'Istituto comprensivo (47,4%) e, infine, la scuola dell'infanzia (43%).
"In assenza di un ruolo istituzionale riconosciuto e di chiari ordinamenti professionali in grado di regolamentare la professione - afferma Giuseppe Luigi Palma, Presidente del Cnop - l'attività psicologica nella scuola si riduce sistematicamente ad un'attività di consulenza, dimenticando le pratiche per lo sviluppo della persona, per l'educazione alla socialità e alla convivenza". "L'Italia, stando a questo quadro - conclude il presidente del Cnop - registra una grave arretratezza culturale nei confronti di quasi tutti i Paesi europei, dove esiste una legge che prevede l'inserimento dello psicologo nella scuola come figura stabile e di ruolo".
articolo completo al seguente indirizzo:
http://notizie.alice.it/notizie/cronaca/2008/09_settembre/16/scuola
leggi il cominicato ufficiale al seguente indirizzo: http://www.psy.it/documenti/16092008_Comunicato_psicologia_scolastica.pdf

sabato 29 novembre 2008

ANSIA, FOBIA O PAURA DELLA SCUOLA

La paura o l'ansia di andare a scuola riguarda un numero sempre maggiore di bambini in età scolare.
Essa si manifesta con pianti, tremori, mal di pancia e di testa, crisi di panico prima di varcare l'ingresso della classe, ma talvolta si manifesta già a casa prima di partire per andare a scuola. Spesso viene considerata un capriccio, una sorta di ribellione, una crisi evolutiva. Invece nasconde un disagio più profondo che colpisce bambini e ragazzi, dalle prime classi fino al liceo, e nei confronti di una istituzione scolastica, generalmente, accogliente e comprensiva.
La fobia della scuola viene descritta per la prima volta nel 1941 dalla psichiatra americana Adélaïde Johnson, e per lungo tempo se ne rintracciata la causa nelle relazioni di dipendenza irrisolte tra madre e figlio, ed ancora oggi quest'ultima rimane la tesi prevalente. A cui però, oggi, vanno aggiunte altre possibili cause: l'ansia da separazione, paura di episodi di bullismo , timore degli insegnanti, timore di avere brutti voti, timore di non essere all'altezza delle aspettative dei genitori.
Il fenomeno è stato sempre presente in tutte le epoche ma oggi è più visibile Prima si andava a scuola a sei anni, magari i bambini non frequentavano neanche l'asilo e molti, come anche le mamme, vivevano male il distacco. Oggi parecchie cose sono cambiate, le madri vanno a lavorare e i bambini arrivano davanti alla scuola e dicono ciao senza problemi. Per questo i casi di fobia della scuola appaiono più evidenti. Bisogna però fare attenzione che non si stia enfatizzando una nuova malattia rendendo patologico un atteggiamento che è normale o comunque risolvibile
Secondo gli esperti riguarda circa il 2 per cento dei bambini della scuola dell'obbligo. La fobia della scuola raggiunge dei picchi nei momenti chiave del percorso scolastico: tra i 5 e i 7 anni, all'inizio della scuola primaria, tra i 10 e gli 11 anni, all'inizio delle medie, e a partire dai 14 anni.
Dott. Rosalia Cipollina

PROBLEMI EMOTIVI DELL'ALUNNO

La qualità dell'esistenza di ogni bambino è influenzata dal modo in cui egli apprende, fin dai primi anni, ad affrontare le proprie emozioni: se in lui prevalgono reazioni emotive distruttive, queste finiranno per caratterizzare la sua vita scolastica determinando relazioni insoddisfacenti con i compagni e con gli insegnanti.
Risulta abbastanza evidente il fatto che determinate emozioni hanno un'influenza rilevante sull'apprendimento e sulla motivazione scolastica. Quanto più mettiamo il bambino in grado di vivere emozioni positive in ambito scolastico, tanto più lo aiuteremo ad imparare. Molti bambini all'inizio della scuola Primaria si accostano all'apprendimento con un notevole entusiasmo che però va smorzandosi col passare del tempo. Eppure gli insegnanti potrebbero fare molto per facilitare l'esperienza di emozioni positive nel contesto scolastico. Se lo studio viene associato a stati d'animo piacevoli, sarà stimolata la capacità di partecipazione attiva dell'alunno al processo di apprendimento.E' importante tenere presente che un'eccessiva tensione emotiva interferisce negativamente sull'efficacia di molte prestazioni. Ciò significa che se il bambino è troppo teso e coinvolto, il suo rendimento diminuirà in qualsiasi attività, non solo in quelle strettamente scolastiche, ma anche in attività sportive, artistiche o di altro tipo. Quindi, se è bene che vi sia un certo coinvolgimento, è altrettanto utile evitare un eccessivo stress.Le emozioni, inoltre, interferiscono con le attività mentali. Certi meccanismi cognitivi quali la capacità di concentrazione, la capacità mnestica e l'attenzione, sono influenzate negativamente da un'eccessiva tensione emotiva. Diventa quindi difficile focalizzare bene la propria mente su ciò che si deve apprendere quando si è troppo agitati o turbati.Le emozioni influenzano anche i rapporti interpersonali. Bambini che ad esempio manifestano un livello eccessivo di aggressività riceveranno spesso risposte altrettanto aggressive, oppure tenderanno a essere evitati, rifiutati, allontanati. Se invece è presente un'eccessiva timidezza nei rapporti interpersonali, il bambino avrà difficoltà ad inserirsi nel gruppo e potrebbe trovarsi socialmente isolato.E' inoltre da considerare il fatto che le emozioni dominanti finiscono per determinare il clima psicologico della classe. Se qualche insegnante ha avuto l'infelice esperienza di trovarsi in una stessa classe quattro o cinque bambini con un elevato livello di iperattività, con un'accentuata aggressività e con la tendenza a disturbare i compagni, probabilmente sarà arrivato alla fine dell'anno scolastico alquanto esausto. Questo per il fatto che determinate emozioni negative, se si manifestano con elevata frequenza ed intensità, possono creare un clima di classe piuttosto negativo che logora gli insegnanti e rende difficile il processo di apprendimento. Rimane infine da tener presente che le emozioni più frequenti diventano modalità di risposta abituali. Quindi se abbiamo bambini che spesso provano ansia di fronte a interrogazioni o compiti in classe, è molto probabile che tale ansia, in assenza di un intervento specifico, si consolidi anche negli anni successivi. Lo stesso vale anche per altre emozioni quali, ad esempio, l'ostilità o la tristezza che se non vengono affrontate adeguatamente finiranno per diventare parte stabile del repertorio emozionale del bambino. Importante è il ruolo dell'insegnante che è in grado di avere l'autorevolezza per trasmettere all'alunno un adeguato repertorio comportamentale utile alla crescita personale. Categorie dei disturbi emotivi Quando consideriamo i disturbi emotivi e comportamentali dell'età evolutiva può essere utile differenziarli in due ampie categorie. Una prima categoria riguarda i disturbi emotivi esteriorizzati. Come il termine può far supporre si tratta di disturbi nei quali il disagio del bambino si manifesta soprattutto verso l'esterno. Essi si caratterizzano come tendenza ad esigere che i propri bisogni personali vengano immediatamente soddisfatti e che abbiano la precedenza sui bisogni degli altri. E' inoltre frequente il ricorso all'aggressività per conseguire i propri scopi, oppositività, tendenza alla trasgressione di norme sociali e a volte anche legali. Tipico disturbo esteriorizzato è il disturbo della condotta. L'altra categoria è costituita dai disturbi interiorizzati, caratterizzati da una sofferenza che viene vissuta interiormente e che spesso passa inosservata ad un'osservazione superficiale. Tipici disturbi interiorizzati sono l'ansia e la depressione.E' interessante notare che per quanto concerne le segnalazioni che gli insegnanti,con il consenso dei genitori, rivolgono ai servizi specialistici per alunni in difficoltà, esse riguardano maggiormente disturbi di tipo esteriorizzato. E` molto raro che un insegnante segnali ad uno psicologo o ad un neuropsichiatra infantile bambini che hanno problemi di ansia o problemi depressivi, in quanto si tratta di soggetti che di solito non disturbano e non creano problemi nella classe. Si tratta di alunni che tendono a isolarsi, a chiudersi in se stessi, e che rimangono passivi e sottomessi nei confronti degli altri. In effetti un deficit nelle abilità relazionali è una costante di molti disturbi emotivi. Se il bambino è ansioso, ma ancor più se è depresso, manifesterà una certa inadeguatezza nel modo in cui si rapporta con i propri coetanei.Si è potuto constatare che la maggior parte dei disturbi emotivi sono influenzati da alcune modalità distorte con cui il bambino o l'adolescente rappresenta mentalmente se stesso e il proprio mondo. Si tratta della tendenza ad ingigantire gli aspetti negativi della realtà, ricorrendo a modalità di pensiero rigide e assolutistiche, ad esempio con un'eccessiva frequenza di termini quali sempre, mai, nessuno; oppure considerazioni del tipo "non me ne va mai bene una", "tutti ce l'hanno con me", "nessuno mi vuole bene", "non ne faccio mai una buona". La tendenza a categorizzare in modo estremo influisce negativamente sull'umore e quando si consolida, diventando il modo abituale di considerare se stessi e il proprio mondo, può condurre a disturbi emozionali quali ansia e depressione. I più recenti contributi nell'ambito della psicologia hanno evidenziato che i meccanismi psichici che governano le reazioni emotive sono da identificare come meccanismi cognitivi, cioè modalità di pensiero, rappresentazioni mentali. Ed è proprio aiutando il bambino a correggere gli errori presenti nel suo modo di rappresentarsi la realtà che possiamo metterlo in grado di superare emozioni spiacevoli. In pratica, per toccare il cuore del bambino dobbiamo passare per la sua mente, aiutandolo a cambiare gli elementi disfunzionali del suo dialogo interno. Dentro la nostra mente parliamo in continuazione a noi stessi, sia che ne siamo consapevoli, sia che non ne siamo consapevoli. Quando non ne siamo consapevoli non è che questi meccanismi siano inconsci, ma semplicemente non siamo abituati ad ascoltare la nostra mente. Si è visto che se un bambino viene allenato fin da piccolo con apposite procedure, può essere in grado di ascoltare se stesso e di essere cosciente di quali sono i contenuti mentali che influenzano il suo stato emotivo. Per questo, la maggior parte dei programmi di prevenzione messi a punto in questi ultimi dieci anni, prendono in considerazione il rapporto esistente tra pensiero ed emozione. E' possibile favorire il benessere emotivo del bambino insegnandoli, quanto prima possibile, a pensare in modo corretto.
Dott.Rosalia Cipollina

ABBANDONO E DISPERSIONE SCOLASTICA

Stando alle statistiche i ragazzi italiani abbandonano molto presto la scuola e molti lo fanno prima di aver conseguito un titolo di studio superiore, così quasi la metà degli italiani ha solo la licenza media ed un'obiettiva difficoltà a trovare lavoro. Le cause dell'abbandono possono essere molteplici, e sopratutto una scelta degli studi superiori poco oculata favorisce il verificarsi di tale fenomeno . Ecco, allora, come prevenire l'abbandono.
Cosa significa dispersione scolastica . La dispersione è un fenomeno complesso che comprende in sé aspetti diversi e che investe l'intero contesto scolastico-formativo . Il termine dispersione scolastica ci sottolinea l'intrecciasi di due problemi: quello che riguarda il soggetto che si disperde e quello relativo al sistema che produce dispersione. Per comprendere il significato del termine bisogna risalirne all'etimologia: dispersione deriva da “dispergere”il cui significato è spargere le cose qua e la, dilapidare, ma è sentito come derivato di “disperdere”il cui significato è dividere , separare, dissipare. Entrambi nell'uso intransitivo significa sbandarsi, disperdersi, svanire ed evocano quindi la dissipazione dell' intelligenza, delle risorse, delle potenzialità. Può essere definita dispersione scolastica quell'insieme di processi attraverso i quali si verificano ritardi, rallentamenti o abbandoni in uno specifico iter o circuito scolastico, ma, spesso questa definizione si utilizza anche quando ci si trova di fronte a soggetti che non abbiano sviluppato completamente le loro capacità cognitive ed intellettive e che, per svariate cause,hanno vissuto l'insuccesso scolastico.
Il quadro dell'abbandono. In ambito europeo, la Conferenza di Lisbona ha individuato nella riduzione della dispersione uno dei cinque benchmarck che i Paesi membri dovranno raggiungere nel campo dell'istruzione entro il 2010 Il quadro dell'istruzione fotografato dall'Istat per «100 statistiche per il Paese - Indicatori per conoscere e valutare» è davvero preoccupante e secondo la ricerca, la fuga dai banchi interessa soprattutto il meridione. In Sicilia e Campania rispettivamente 15 e 14 studenti su cento non completano nemmeno il percorso dell'obbligo, mentre l'anno scorso poco più del 75% dei giovani tra i 20 e i 24 anni ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore . Un tasso inferiore a quello della media comunitaria (77,8%), mentre tra i Paesi più diligenti spiccano Slovenia (5,2%), Repubblica Ceca (5,5%) e Polonia (5,6%). Nonostante ciò, un piccolo miglioramento nel nostro Paese c'è stato: nell'arco degli ultimi quattro anni, tra il 2004 e il 2007, in Italia l'incidenza di abbandoni precoci è scesa di 2,8 punti percentuali al Mezzogiorno e di 3,6 punti al Centro-Nord. Significativi sono dei dati rilevati dall'indagine del Ministero della pubblica Istruzione, presso le scuole statali e non statali riferiti all'A.S. 2006/07 che fanno emergere nella secondaria di secondo grado come l'abbandono interessi prevalentemente il primo anno di corso; sono infatti, i primi ingressi nel sistema scolastico e gli anni di passaggio da un ordine all'altro che costituiscono una soglia critica nel percorso scolastico Alla base dell'analisi sulle cause della dispersione e sul suo dimensionamento, l'accento viene posto sulla questione dell'intreccio tra variabili soggettive e variabili macro-sociali. Le esperienze di indagini condotte a livello locale hanno individuato nel grado di sviluppo socio-economico il fattore discriminante per il manifestarsi del fenomeno nelle diverse aree del Paese. La discriminazione non è tra regioni del Nord e del Sud ma tra le diverse aree di una stessa regione o tra i vari territori di una metropoli. Inoltre, mentre prima la dispersione era diffusa soprattutto nelle aree caratterizzate da situazioni di disagio economico-sociale(Mezzogiorno), il fenomeno si è diffuso anche nelle aree con sistemi economico-produttivi più forti: il basso grado di sviluppo socio-economico rappresenta una delle cause che nel sud produce l'abbandono del sistema formativo; la forte domanda di lavoro rappresenta al nord un'interessante attrattiva per numerosi ragazzi con scarso rendimento a scuola.
La dispersione scolastica si pone allora come indicatore della qualità del sistema formativo e pone l'accento sul valore del ruolo e della funzione della scuola, della famiglia e delle altre istituzioni e impone la ricerca di risposte e interventi adeguati e mirati, in un quadro di integrazione tra tutti i soggetti coinvolti.
Le cause dell'abbandono
La dispersione scolastica è un fenomeno complesso, non riconducibile a interpretazioni univoche di causa-effetto, ma va analizzato secondo un modello sistemico. E' necessaria una visione integrata dei vari fattori che si correlano e interagiscono dove il focus resta sempre il successo o l'insuccesso scolastico. Variabili che concorrono e favoriscono lo sviluppo della dispersione scolastica sono:
• Condizione socio-culturale della famiglia;
• Irregolarità della carriera scolastica(causata da una assenza di individuazione di diagnosi di disturbo specifico dell'apprendimento come la dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia);
• Dinamiche soggettive dello studente( emarginazione, demotivazione, bassa autostima)
• Difficoltà relazionali all'interno del gruppo(fenomeno del bullismo)
Una scelta imposta, fatta superficialmente o poco affine alla personalità dello studente: queste possono essere le cause dell'insuccesso scolastico che si trasformano i n disagio scolastico infine in abbandono, ma non vanno dimenticate quelle legate alla crisi adolescenziale. Ecco, allora, i principali fattori che spingono ad accantonare i libri.
Sentirsi inadeguati. In primo luogo, l'interruzione degli studi può essere il risultato dell'impossibilità di proseguire, a causa dei ripetuti fallimenti sul piano del rendimento o di un rifiuto nei confronti di una realtà frustrante (come avere brutti voti all'interno di una classe modello). Questa situazione fa scaturire un normale disagio che si può esprimere con sentimenti di rabbia nei confronti della scuola, vista come la causa dell'insuccesso, o ancora, può sfociare in depressione, senso di inadeguatezza, di incapacità, di scarsa autostima.
Una scelta imposta. In altre situazioni poi, l'abbandono è il triste epilogo di una scelta scolastica fatta dalla famiglia e non condivisa dal ragazzo. Di solito, in questo caso, lo scarso interesse dello studente è evidente dal suo atteggiamento: lamenta un senso di noia, di scontentezza, a volte circoscritto alla scuola, ma più spesso generalizzato e al quale l'adolescente non sa dare un significato. In questi casi non si verifica immediatamente un vero e proprio abbandono della scuola, ma un abbassamento del rendimento accompagnato da scarsa fiducia nelle proprie capacità.
Altre volte l'atteggiamento di disinteressamento verso le discipline scolastiche è una reazione e nello stesso tempo un messaggio del ragazzo, che si è visto imporre dai genitori un percorso scolastico senza tener conto delle suoi interessi e attitudini,che spera così di essere ascoltato e compreso e, quindi di cambiare il percorso scolastico intrapreso.
Troppi cambiamenti. Non va dimenticato, poi, che ogni cambiamento , accompagnato da un fase di destrutturazione e una di ristrutturazione,e un momento di crescita, il passaggio alla scuola superiore è, più in generale, un periodo di profondi cambiamenti che possono portare il ragazzo ad avere numerosi altri interessi, allontanandolo così dagli impegni scolastici. Se gli impegni di studio passando in secondo piano, quindi, non sempre la colpa è di un indirizzo sbagliato o di uno scarso interesse, ma di una serie di novità che caratterizzano la fase evolutiva (i primi amori, la trasformazione del proprio corpo, nuove amicizie ecc…) e che possono ripercuotersi sulla vita scolastica. Così accade che difficoltà anche minime, semplici segnali di malessere, insofferenza, malumori potrebbero essere amplificati nel contesto scolastico, spingendo lo studente/adolescente all'estrema soluzione dell'abbandono.
Se è colpa della scuola. Obiettivo dell'istituzione scolastica è prevenire il disagio e promuovere il successo scolastico aiutando gli studenti a prepararsi al futuro. Come già detto il passaggio da un grado di studi all'altro rappresenta un momento difficile di crescita verso l'autonomia per l'alunno e proprio per questo la scuola si attiva realizzando progetti di accoglienza e di continuità. I primi per l'accoglienza degli alunni che per la prima volta si accingono ad intraprendere un nuovo percorso di studi; i secondi prevedono momenti di scambi culturali e di incontri per favorire un passaggio poco traumatico da un grado di studi all'altro. Ma spesso Anche l'Istituzione scolastica può essere una causa dell'abbandono dell'istruzione. Spesso infatti, le difficoltà burocratiche, il continuo avvicendarsi di insegnanti, la mancanza di comunicazione tra la scuola e la famiglia possono minare l'equilibrio scolastico degli studenti, soprattutto se questo è già un pò barcollante.
Fare la scelta giusta
A questo punto dell'anno molti ragazzi hanno già fatto la loro scelta ma non è troppo tardi per capire se questa è stata fatta con oculatezza. Ecco cosa valutare per impedire che un indirizzo di studi sbagliato convoli nell'abbandono.
Una scelta personale. In generale, è normale che la famiglia, come pure gli insegnanti della scuola media, consiglino il ragazzo su quale possa essere il percorso più affine alle sue aspirazioni, ma è importante che la scelta definitiva sia stata fatta dal giovane stesso e non da altri al suo posto. Allo stesso modo, bisogna scoraggiare l'adolescente che scelga la scuola da frequentare basandosi unicamente su quello che hanno fatto i suoi amici o ex-compagni di classe. Di solito, questo accade ai giovani più insicuri ed in questo caso, è necessario infondere maggiore fiducia al ragazzo, aiutandolo a focalizzare i suoi punti di forza ed i talenti che lo distinguono e che possono essere valorizzati solo scegliendo un iter scolastico mirato.
Le prime responsabilità. Perché il ragazzo si assuma pienamente la responsabilità del percorso che sta per intraprendere, è fondamentale coinvolgerlo anche nella parte preliminare (dall'iscrizione al corso di studi, fino all'acquisto dei primi libri). In genere, un adolescente alle prese con un'avventura piacevole e motivato verso la propria scelta, è entusiasta di occuparsi personalmente di queste formalità.
Un colloquio preliminare. Anche dopo aver fatto la pre-iscrizione è importante che il giovane faccia un sopralluogo della scuola che ha scelto, fissi un incontro con il preside o con una persona che sia preposta all'accoglienza e si faccia spiegare esattamente quali discipline saranno affrontate non solo al primo anno, ma nell'arco di tutto l'iter che porta al diploma. Spesso, infatti, gli adolescenti si fanno un'idea molto generica dei vari indirizzi di studio, viziata dalle esperienze di fratelli maggiori o di amici o, addirittura, facendo riferimento alla tipologia. Così credono che fare lo scientifico significhi essere molto bravi in matematica, mentre scelgono gli istituti artistici solo se amano la pittura. Trovarsi di fronte a discipline sconosciute o prese alla leggera è uno dei fattori che porta a “lasciare” nell'arco del tempo.
C'è tempo per cambiare. Anche se l'anno scolastico è iniziato ed i libri sono stati acquistati, non bisogna escludere l'opportunità di cambiare scuola. Se fin dai primi giorni, il ragazzo manifesta insoddisfazione verso il nuovo corso di studi, è importante chiedergli di valutare questa ipotesi anche se un leggero smarrimento o una forte tensione possono essere considerate normali per un adolescente alle prese con una nuova esperienza.
Dal punto di vista più strettamente psicologico ed individuale la dispersione scolastica può essere, considerata il sintomo di una più ampio e complesso disagio personale . Sotto questa ottica l'abbandono scolastico come soluzione al proprio disagio individuale non risolve il disagio stesso e il malessere che ne deriva, ma può condurre verso un allontanamento sempre più profondo dalla scuola e dalle risorse che essa pur con i suoi limiti attuali, può offrire per una crescita personale. Un esempio di disagio individuale che può procurare abbandono scolastico è il fenomeno del bullismo. Quanti ragazzi di fronte ad episodi di bullismo, nel contesto scolastico, ma anche fuori da esso, sono tentati, tentano e abbandonano la scuola ?
Il rischio è che si instauri un circolo vizioso, nel quale il tentativo di soluzione messo in atto dal ragazzo non solo non risolve il problema ma tende a stabilizzarlo o aggravarlo. Contesto che pur attivandosi con le migliori intenzioni, nel tentativo di riavvicinare i ragazzi alla scuola, mette in atto tutta una serie di strategie sia a livello familiare che a livello dell'istituzione scolastica (premi, punizioni, prediche, rimproveri, opere di persuasione, sostegni nello studio, cambio di scuola, ecc.) che spesso non riescono nel loro intento. In funzione delle situazioni problematiche che si verificano nel contesto scolastico sarebbe opportuno prevedere la presenza della figura dello psicologo ,sia in una funzione preventiva che d'intervento mirato sul disagio in atto.
L'obiettivo dell'intervento psicologico, è quello di individuare delle modalità di comunicazione e di comportamento in grado di “disperdere” il circolo vizioso che si viene a creare tra il disagio individuale ed i tentativi di soluzione inefficaci come l'abbandono scolastico.
Dott. Rosalia Cipollina

DISTURBI DELL'APPRENDIMENTO

I disturbi dell'apprendimento presenti, sin dalla nascita, in soggetti con disabilità neurologica o sensoriale (per esempio: ritardo mentale, sordità) vanno distinti dai disturbi che si manifestano, durante l'età scolare, in soggetti con adeguate capacità cognitive, visive e uditive.
I criteri diagnostici sono i seguenti:
1) compromissione significativa dell'abilità scolastica specifica (il grado di compromissione riguarda meno del 3% della popolazione scolastica); precedenti disturbi dello sviluppo (ad esempio: ritardo del linguaggio); problemi associati (ad esempio: iperattività , disturbi della condotta); manifestazioni cliniche (anomalie che non fanno parte dello sviluppo normale); le difficoltà scolastiche non regrediscono rapidamente con un intervento a casa e/o scuola.
2) Il livello di apprendimento del soggetto deve essere inferiore a quello atteso per un bambino delle stessa età mentale.
3) La compromissione deve riguardare lo sviluppo, deve essere stata presente durante i primi anni di scolarizzazione e non acquisita più tardi nel corso del processo educativo.
4) Non devono essere presenti fattori esterni che causano le difficoltà scolastiche (ad esempio: assenze prolungate da scuola, istruzione inadeguata).
IL BAMBINO CON DISTURBI DELL'APPRENDIMENTO
I problemi del bambino con disturbi specifici dell'apprendimento (DSA) (lettura, scrittura, calcolo, ecc…) non sono dovuti a :
- Disturbi dell'intelligenza
- Problemi emotivi o relazionali
- Approccio sbagliato dei genitori o degli insegnanti
- Pigrizia e svogliatezza
LA VARIABILE EVOLUTIVA NEI DISTURBI DELL' APPRENDIMENTO
- La definizione della gravità del disturbo dipende dall'età (per esempio: è sintomatico un ritardo di lettura pari a 2 anni in III° elementare e un ritardo di lettura pari a 2 anni in III° media)
- La configurazione che il disturbo assume può variare con il progredire dell'età e della scolarizzazione .
DISLESSIA
La dislessia è caratterizzata da una difficoltà di apprendimento della capacità di lettura in bambini scolarizzati (misurata ai test standardizzati somministrati individualmente sulla precisione, sulla velocità, sulla comprensione), non causata da deficit sensoriali o da inadeguata istruzione scolastica. La lettura risulta stentata, poco espressiva e comunque sempre al di sotto delle richieste previste per l'età anagrafica, il livello intellettivo generale e l'istruzione adeguata all'età. La dislessia si connette quasi sempre con altri disturbi tanto che si preferisce parlare di sindrome dislessica , che comprende anche difficoltà nella scrittura e nei processi di lettura-scrittura del numero e del calcolo. Le normali variazioni nelle abilità di lettura si differenziano dalla dislessia , che può essere diagnosticata solo se al soggetto sono state fornite adeguate opportunità scolastiche e culturali, se il suo quoziente intellettivo risulta nella media e se non presenta deficit sensoriali che possano da soli spiegare i problemi di lettura.
INDICATORI DI DISLESSIA
Il bambino in età scolare:
- ha acquisito con ritardo le normali competenze linguistiche - pronuncia male alcune parole, lettere o gruppi di lettere - confonde le indicazioni di direzione (es. sopra/sotto, dentro/fuori) - inciampa, sbatte, cade eccessivamente - manifesta rapidità di pensiero e di azione - ha difficoltà ad imparare le filastrocche per bambini - presenta difficoltà con le "sequenze" (es. successione ordinata di perline colorate)
Il bambino fino ai 9 anni:
- incontra una difficoltà ad imparare a leggere e a scrivere - inverte continuamente numeri e lettere (ad es. "15" per "51", "b" con "d") - impara a fatica l'alfabeto, le tabelline e sequenze di nomi, come i giorni della settimana e i mesi dell'anno - è disattento ed ha scarsa capacità di concentrazione - non riesce agevolmente ad allacciarsi le scarpe, a colpire il pallone o a saltare
Il bambino dai 9 ai 12 anni:
- persiste negli errori nella lettura e/o possiede una scarsa comprensione dei contenuti - inverte o omette lettere e parole nella lettura e nella scrittura - per eseguire compiti scritti impiega un tempo superiore alla media - è disorganizzato a scuola e a casa - ha difficoltà a copiare dalla lavagna o dal testo - vive sentimenti di mancanza di fiducia in se stesso e nelle sue capacità - trova molta difficoltà ad imparare le lingue straniere
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
E' clinicamente importante discriminare tra i disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche che insorgono in assenza di condizioni neurologiche clinicamente diagnosticabili e quelli che sono secondari a qualche condizione neurologica come la paralisi cerebrale. I disturbi specifici delle abilità scolastiche vengono inclusi all'interno di quelli da alterato sviluppo psicologico (ad esempio: i disturbi specifici del linguaggio, della funzione motoria). La diagnosi differenziale prevede:
- variazioni del rendimento scolastico entro i limiti (bassi) della norma
- difficoltà scolastiche dovute a mancanza di opportunità, insegnamento carente, fattori culturali
- difficoltà di apprendimento derivanti da disturbi della vista o dell'udito, a meno che le difficoltà di apprendimento siano in eccesso rispetto a quanto solitamente associato a questi deficit
- ritardo mentale, salvo quei casi con livello di apprendimento (lettura, scrittura o calcolo) significativamente inferiore rispetto al livello atteso in base a scolarità e grado del ritardo mentale
-disturbo Generalizzato dello Sviluppo, a meno che il livello scolastico sia significativamente inferiore alle attese in base a scolarità e funzionamento intellettivo.
DISTURBO DELLA LETTURA
Il Disturbo specifico della lettura prevede che il bambino sia:
- incapace di acquisire i livelli prevedibili per quel che riguarda l'accuratezza, la velocità o la comprensione
- produca distorsioni, sostituzioni o omissioni nella lettura ad alta voce; sia lento e faccia errori di comprensione sia nella la lettura ad alta voce sia nella lettura silenziosa.
La natura del problema dipende dal livello di lettura atteso, dal tipo di linguaggio e dal sistema di scrittura. Nelle fasi iniziali di apprendimento di un sistema di lettura e scrittura di tipo alfabetico, vi possono essere difficoltà nel recitare l'alfabeto, nel riconoscere correttamente le lettere, nel fornire semplici rime per determinate parole e nell'analizzare o categorizzare suoni. In seguito, vi possono essere errori nella lettura ad alta voce consistenti in:
a) omissioni , sostituzioni, distorsioni o addizioni di parole o parti di parole;
b) lentezza della lettura;
c) false partenze, lunghe esitazioni o perdita della posizione nel testo e stile non accurato;
d) inversione di parole nelle frasi o di lettere all'interno delle parole.
I deficit nella comprensione della lettura possono essere evidenziati anche da:
a) un'incapacità di ricordare le cose lette;
b) un'incapacità di trarre conclusioni o inferenze dal materiale letto;
c) un uso di conoscenze di carattere generale piuttosto che di informazioni derivanti dalla lettura nel rispondere a quesiti su quanto letto.
Il ritardo specifico della lettura; la dislessia evolutiva; la difficoltà della compitazione associata a un disturbo della lettura sono fattori inclusi nel disturbo specifico della lettura mentre sono esclusi: l' alessia e dislessia acquisita; le difficoltà acquisite della lettura, secondarie a disturbo emotivo; il disturbo della compitazione non associato a difficoltà di lettura.
DISTURBO SPECIFICO DI SCRITTURA O DISORTOGRAFIA
Oltre a presentare difficoltà di lettura il bambino dislessico commette quasi sempre gravi errori ortografici di scrittura, compie errori nella scrittura o nella lettura dei numeri e nell'esecuzione di calcoli mentali e scritti, a volte scrive con una calligrafia incomprensibile. In questo senso, si parla di “sindrome dislessica ” che raggruppa una costellazione di disturbi che riguardano, oltre la lettura, anche la scrittura e il calcolo ( dislessia , disortografia , discalculia , disgrafia ).
Dal punto di vista dei modelli del funzionamento mentale, questi disturbi devono essere tenuti ben distinti, in quanto si possono osservare casi, anche tra i bambini, che presentano selettivamente una sola tra queste difficoltà, risultando indenni negli altri compiti. La disortografia quale rilevante compromissione nello sviluppo delle capacità di scrittura ortografica prende in considerazione solo il processo di trascrizione, cioè :
- il disturbo delle componenti del processo fonologico (errori e omissioni nella scelta dei fonemi)
- il disturbo della componente del processo ortografico (errori nelle parole omofone).
Gli errori più frequenti che il bambino disortografico compie nella lettura e nella scrittura sono:
- incapacità di distinguere lettere molto simili per la forma (‘m' e ‘n'; ‘ b' e ‘d'; ‘p' e ‘q') o per il suono (‘d' e ‘t'; ‘b' e ‘p');
- inversione di lettere (‘ id ' per ‘ di'; ‘ lad ' per ‘dal');
- omissione di lettere o sillabe nell'ambito di una parola (‘doni' per ‘ domani');
- sostituzione di intere parole nel corso di una prova (‘auto' al posto di ‘aereo');
- mancanza di doppie;
- nella composizione libera il testo è breve, il vocabolario povero, la composizione di parole in frasi inadeguata e la punteggiatura carente.
DISTURBO SPECIFICO DELLE ABILITÀ ARITMETICHE
Il disturbo implica una specifica compromissione della abilità aritmetiche che non è solamente spiegabile in base a un ritardo mentale globale o a un'istruzione scolastica inadeguata. Il deficit riguarda la padronanza delle abilità di calcolo fondamentali (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione, piuttosto che le capacità di calcolo matematico più astratto coinvolte nell'algebra, trigonometria o geometria).
Le prestazioni aritmetiche del bambino (valutate sulla base di un test aritmetico standardizzato somministrato individualmente) devono essere significativamente al di sotto del livello atteso in base alla sua età, al suo livello intellettivo generale e alla sua scolarizzazione. Le difficoltà di calcolo aritmetico non devono essere principalmente dovute a un insegnamento inadeguato o agli effetti diretti di deficit visivi, uditivi o neurologici e non devono essere state acquisite come risultato di patologie neurologiche, psichiatriche o di altro tipo. In contrasto con quanto accade per molti bambini con disturbi della lettura, i bambini con disturbo specifico delle abilità aritmetiche tendono ad avere capacità uditivo-percettive e verbali nella norma mentre le capacità visuopercettive e visuospaziali sono compromesse . Le difficoltà aritmetiche che possono verificarsi sono varie, tra le quali: un'incapacità a comprendere i concetti alla base di particolari operazioni aritmetiche; una mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici; il mancato riconoscimento dei simboli numerici; la difficoltà ad attuare le manipolazioni aritmetiche standard; la difficoltà di comprendere quali dati sono pertinenti al problema aritmetico in esame; la difficoltà ad allineare correttamente i numeri o a inserire decimali o simboli durante i calcoli; la difettosa organizzazione spaziale dei calcoli aritmetici; l'incapacità di apprendere in modo soddisfacente le tabelle della moltiplicazione.
Il disturbo aritmetico evolutivo, la sindrome di Gerstmann evolutiva, l' acalculia evolutiva sono fattori inclusi nel disturbo specifico delle abilità aritmetiche mentre sono esclusi: le difficoltà aritmetiche associate a un disturbo della lettura o della compitazione; le difficoltà aritmetiche attribuibili principalmente a un insegnamento inadeguato; disturbo aritmetico acquisito.
Dott. Rosalia Cipollina
tratto da DSM-IV Diagnosti and Statistical Manual, American Psychiatric Association, 1995 / ICD-10 International Classification of Diseases, OMS, 1992

"DIARIO DI SCUOLA" DI PENNAC

Tratto da “Diario di scuola” di Daniel Pennac edito da Feltrinelli
…..vi fosse una correlazione tra una classe e un'orchestra.
“Ogni studente suona il suo strumento, non c'è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l'armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un'orchestra che suona la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all'insieme. Siccome il piacere dell'armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica.
Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini. E alcuni colleghi si credono dei Karajan che non sopportano di dover dirigere la banda del paese. Sognano tutti la Filarmonica di Berlino, è comprensibile….”
Ai prof. Mancano dei corsi di ignoranza!.........la vostra primaria qualità dovrebbe essere la capacità di immaginare la condizione di colui che ignora tutto ciò che voi sapete. Sogno un esame di abilitazione in cui si chieda al candidato di ricordare un insuccesso scolastico e di cercare di capire che cosa gli sia successo quell'anno. Accuserebbe il professore, è un trucco che conosco…….Si dovrebbe chiedere al candidato di scavare più in profondità, di cercare davvero di capire perché quell'anno si è arenato. Di cercare dentro di se, intorno a se, nella sua testa, nel suo cuore,nel suo corpo, nei suoi neuroni, nei suoi ormoni, di cercare ovunque. E di ricordarsi anche come se l'è cavata! I mezzi che ha usato!le famose risorse!
…bisognerebbe chiedere agli aspiranti professori i motivi per i quali si sono dedicati a questa materia piuttosto che a un'altra…….. insomma è necessario che coloro che pretendono di insegnare abbiano una visione chiara del loro percorso scolastico. Che riprovino un poco la loro condizione di ignoranza se vogliono avere una minima possibilità di tirarcene fuori

PROBLEMATICHE DELLE PAGELLE ONLINE

Non entro nel merito delle possibile difficoltà "tecnologiche" dovute alle pagelle su internet a causa di una ancora non completa alfabetizzazione informatica delle famiglie italiane, ma mi soffermo su un altro tipo di problematiche
Innanzitutto problematiche di tipo comunicativo e relazionale scuola-famiglia. Attualmente la comunicazione e la relazione fra scuola e famiglia è sicuramente deficitaria, lacunosa per non dire spesso problematica. Se la pagella online può contribuire a migliorare tale comunicazione e relazione considerandola solo come un momento di presa d'atto "burocratica e virtuale" seguita da una immediata e successiva presa d'atto relazionale e reale fra scuola e famiglia ben venga. Se invece rischia di diventare una "informazione veloce" per essere aggiornati sull'andamento scolastico, comodo per genitori sempre più ultraimpegnati, rischia di essere un ulteriore fattore di scollamento fra scuola e famiglia.
L'altra problematica è relativa alla comunicazione e relazione fra studente e famiglia. Un possibile rischio della pagella online potrebbe venire dalla migliore padronanza del web e delle tecnologie informatiche da parte degli studenti. Quest'ultimi di fronte a risultati scolastici insoddisfacenti, non potendo differire più la visione della pagella a momenti migliori, potrebbero essere tentati dalla possibile "manomissione" delle pagelle online. Ed invece la pagella online, al pari di quella tradizionale, deve diventare momento in cui si chieda allo studente di cercare di capire che cosa gli sia successo, al di là della risposta ovvia di accusare i professori. Si dovrebbe chiedere allo studente di scavare più in profondità, di cercare davvero di capire cercando dentro di se, intorno a se, nella sua testa, nel suo cuore,nel suo corpo di cercare ovunque. E di cercare di tirare fuori le proprie risorse per capovolgere la pagella alla successiva valutazione.
Concludendo, un eventuale riforma del sistema delle pagelle deve essere inserito in un contesto più ampio d'interscambio scuola-famiglia, differenziato anche in base al grado d'istruzione (primaria, secondaria).

Dott.ssa Rosalia Cipollina